26 mag 2007

Il pozzo nero dell'ignoranza

Per fortuna in questo buio mondo di blog esistono ancora eruditi di una certa qual levatura....
Chi? Sanguineti, Alda Merini, Ciccio & Franco? Noooooo!
Wikipedia? Sorpassata!

Vi raccomando una visita a Vilipedia!

www.vilipedia.it/index.php/Benvenuti_su_Vilipedia


Mi ricorda alla lontana bruzzi.com, che non esiste più da secoli.... Non provate neanche a cercarlo, gli uomini in grigio ce lo hanno tolto!

(Io navigavo quando ancora voi dovevate nascere, usando il trasponder della Saratoga, in navigazione nello stretto di Sicilia,usando come ponte la radio dello Stokholm... negli stessi giorni a Ustica cadeva un aereo per cause non del tutto chiare... e anche lo Stokholm fece cose un po' strane....)

Il loro motto: Don't Panic!


Grande concorso: Questa è una citazione dottissima! Dove la avete già letta?
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20 mag 2007

Il Profumo


E' sempre molto arduo riuscire ad ottenere un valido successo quando si tenta di portare un romanzo così affascinante e profondo come quello di Patrick Suskind su grande schermo. Anche in questo caso, nonostante le buone qualità tecniche e scenografiche, l' opera che ne è emersa lascia molto a desiderare soprattutto nei contenuti. Spesso purtoppo accade che in seguito a "esigenze" commerciali si debba far fronte a censure o a accomodamenti di aspetti che non potrebbero venire apprezzati da un pubblico medio(cre) o dai soliti casual viewer, ed è proprio ciò che accade in questa circostanza. Detto questo bisogna anche evidenziare però che il film si può vantare di un ottima recitazione da parte degli attori, in particolare dell' evergreen Dustin Hoffman sempre al top delle prestazioni e che non ha mai perso la flemma artistica dai tempi de Il Maratoneta. Inoltre è bellissima anche la fotografia che sfoggia delle stupende sfumature colorate, ombreggiature e virtuosismi cromatici sia negli interni che negli esterni da rendere l' ambientazione settecentesca ricca di significati e travolgente nel suo manifestarsi durante tutto lo sviluppo della trama che vede come protagonista nostro emaciato e storpio piccolo protagonista Jean-Batiste Grenouille. E a questo punto sorge già il primo grattacapo a chi, come me, ha letto attentamente e accanitamente il romanzo.
Ma Grenoiulle non era descritto come brutto, gobbo, zoppo e semi sfigurato in volto a causa dello scorbunchio? Allora perchè nel film l' attore che lo interpreta è un bel ragazzino dagli occhi azzurri? Mah.... Un Grenouille fedele all' originale forse avrebbe incassato meno ai botteghini? Si dovrebbe supporre di si purtroppo. Ma ci si limitasse solo a questo serebbe niente... E' stato stravolto anche il profilo psicologico del nostro protagonista e questo lo si può notare fin dalla prima mezz' ora di film. Jean-Batiste uccide la sua prima vittima non per errore, come invece il film biecamente suggerisce, ma per pura indifferenza nei confronti della ragazza e dell' umanità in generale; in quanto per egli l'entità fisica di quella ragazza non ha valore di nessun tipo, ciò che egli provava di fronte a sè era solo uno stupendo e ammaliante profumo. Quindi non ha senso alla fine del film che Grenoiulle ripensasse a lei in quanto avvenente figura femminile e volesse possederla, per il semplice fatto che per lui quella ragazza dai bei capelli rossi era semplicemente un profumo, nient' altro. In Jean-Batiste non esiste minimamente attrazione verso qualcuno o qualcuna, nè tanto meno amore o compassione. Ma il peggio delle intenzioni viene fuori a conclusione film, quando il regista colto da un senso di accondiscimento di richieste commerciali distorce il profilo psicologico che Grenouille possedeva nel libro e ci viene dato in pasto il solito banale e ridondante finale moralizzante, insulso quanto dozzinale. Secondo l' infelice scelta registica il nostro Grenouille decide di suicidarsi perchè incapace di amare il prossimo... Peccato che invece il libro afferma l' esatto contrario. Ovvero che il nostro, stanco degli esseri umani che odia e disprezza profondamente, rifiuta l' idea di assoggetarli al suo volere per mezzo della preziosa boccetta, che solo dopo molte ed estenuanti fatiche è riuscito ad ottenere, e dunque decide di togliersi la vita, per mezzo di un sistema molto drastico e sadico, sadico per se stesso. Ma anche per un altro motivo che il film non lascia minimamente trasparire. Ciò forse perchè sarebbe stato poco apprezzato in quanto incomprensibile alle menti ingabbiate di certi spettatori medi. Jean-Batiste comprese, mentre si trovava in mezzo a quella folla scalpitante che lo adulava e desiderava come un dio, che in realtà quello non era ciò che voleva e a cui aspirava. Lui desiderava soltanto sentirsi se stesso, trovare la sua identità, attraverso quello che per lui era il senso più importante e fondamentale, l' olfatto. Ma alla fine non riesce in questo suo intento e pensando di raggiungere un obiettivo agognato per anni e anni in realtà alla fine si trova sconfitto, amareggiato. Scopre troppo tardi che ciò che ha davvero sola importanza per lui non è il potere di manipolare le masse, ma invece qualcosa che non può essere carpito nemmeno dalla più sofisticata delle tecniche di profumeria; il suo sè, il SUO PROFUMO. Leggi tutto...

5 mag 2007

The Golden Man - Next

The Golden Man è il breve racconto di Philip K. Dick a cui (dovrebbe) ispirarsi il nuovo film Next. Scritto nel 1954, comparso sulla rivista americana If nell'aprile dello stesso anno, in Italia fa la sua apparizione nel 1981 con il titolo Non Saremo Noi all'interno di Urania n.896 (la prima parte di una doppia antologia di cui fa parte anche Piccola città).
Il racconto comparirà poi anche nel secondo volume delle Presenze Invisibili, nel 1995 (ristampato negli Oscar Mondadori nel 1997). Entrambi i volumi sono esauriti, e abbastanza introvabili. Ma forse a breve la Fanucci ci verrà in aiuto...(il primo libro della nuova raccolta-ristampa è già uscito...)
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12 mar 2007

In Memoria Di Me


Si prova un grande senso di rivalutazione e rivalorizzazione del cinema italiano dopo la visione di un film di questa qualità. Saverio Costanzo realizza un opera meravigliosamente spiazzante rispetto ai canoni di ciò che è comunemente considerato il cinema. Di certo non si propone come una pellicola per tutti, immagino che molti lo potrebbero definire lento, noioso e spesso incomprensibile, ma in realtà esso è molto di più. E' un percorso di ascesi spirituale profonda, espressivamente trasmessa dall' ottima capacità recitativa degli attori, inoltre è un film sulla ricerca di se stessi e sull' Amore. Ma andiamo per gradi. Il film esordisce con la scelta del protagonista Antonio di ritirarsi in un convento di gesuiti a Venezia. E' evidente sin dall'inizio la personalità schiva e fredda di Antonio, il quale non riesce a rapportarsi con gli altri novizi, ma nonostante ciò inizia a provare notevole interesse (o forse solo pura curiosità) per un ragazzo, Fausto, che con molta evidenza sta percorrendo un sentiero di redenzione che gli procura grandi sofferenze psicologiche, tali da non riuscire, ad un certo punto, più a sostenerle. Quindi non gli resta che fuggire dal convento nella notte e inevitabilmente fuggire anche da se stesso. I dialoghi nel film sono molto essenziali e il linguaggio interpretativo è dato soprattutto dalle espressioni dei volti e dai comportamenti metacomunicativi degli attori, nel completo rispetto di quel silenzio così importante per riuscire ad ascoltare in profondità la Parola di Dio ma anche la propria essenza. Molto suggestiva e interessante è la figura del Padre Superiore, autoritaria e allo stesso tempo rassicurante, una guida spirituale con lo scopo di aiutare i novizi a trovare o ritrovare se stessi nel silenzio profondo della propria anima, in un cammino ascetico, certo non facile, che ha come meta ultima l' incontro con Dio. Ma a mio parere il film non ha una valenza prettamente teologica, è un viaggio verso la propria identità umana e spirituale e verso la redenzione da una sofferenza psicologica individuale. Tutto il film è girato all'interno del convento rendendo possibili inquadrature talvolta inquietanti e talvolta rasserenanti, rappresentative della condizione di coloro che lo abitano. Inoltre il monastero è situato su un' isola della laguna veneziana, il che rende quel piccolo microcosmo conventuale ancor più lontano e separato dal resto del mondo, da cui si differenzia radicalmente per ovvi motivi di natura intellettuale, ideale, ma soprattutto esistenziale. Un altro risvolto che ho notato sta nell'evidenziare l' aspetto temporale nel presente. La vita si svolge solo nel presente, non ci sono mai digressioni nel film che rimandano ad eventi o ricordi del passato, tutto è svolto nel qui e ora. Solo una volta accade, durante il bellissimo dialogo tra Antonio e Zanna; quest'ultimo infatti racconterà di aver tentato il suicidio cercando di farsi investire e proprio in quell'attimo, egli racconta, si sentì per la prima volta in vita sua amato, amato da se stesso, proprio nel momento in cui il valore della vita si è fatto sentire per mezzo dell'esperienza della morte. Ma anche Zanna alla fine sceglierà di abbandonare quel luogo di meditazione, in quanto non più motivato e anche forse spaventato da quello che lui stesso definisce "un silenzio vuoto". Fuggirà per tornare tra la gente comune e forse riuscirà a trovare il senso di se' anche al di fuori dalle mura di quel freddo monastero, vivendolo come un nuovo inizio, una genesi dell' Io che ha il sapore della sconfitta ma anche della rinascita. Tornando invece al nostro Antonio lui scelse questa strada per un altro motivo. E qui scaturisce forse quella che è la tematica di fondo, il leitmotiv del film, l' Amore. Che non è l' amore libidico-possessivo tra uomo e donna, ma bensì l' amore universale, l' amore incondizionato, il pilastro fondante della religione cristiana, nonchè l' apice dell' ascesi psicologica individuale insegnata da Siddharta Gautama Sakyamuni, cioè Buddha. Verso la fine del film Antonio si reca nella cappella per pregare e lì estrinseca finalmente il suo dolore, a lungo tempo tenuto nascosto, con rabbia. Si tratta del dolore provocato dall'incapacità di non riuscire ad amare gli altri, l' umanità, e di non riuscire a credere a niente. Ma è proprio qui che egli comincia ad acquisire una nuova consapevolezza di se', la quale diverrà completamente manifesta quando, anzichè seguire l'esempio di Zanna e fuggire, si ferma di fronte all' ingresso del convento. In quell'istante si trova interdetto nella decisione di tornare nel mondo comune, incerto e dispersivo, nel mondo della gettatezza, oppure rimanere in quel luogo di pace, mettendo in discussione se stesso al fine di comprendersi in memoria della sua autenticità in quanto essere umano, in memoria di una serenità tanto cercata e tanto agognata, in memoria di una (ri)scoperta di se' stesso, in memoria di me.
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8 mar 2007

PKD tra i grandi


A breve la Library of America, specializzata in edizioni rilegate di prestigio (un po' come i Meridiani della Mondadori), pubblicherà un volume con quattro romanzi di Dick: The Man in the High Castle, The Three Stigmata of Palmer Eldrich, Do Androids Dream of Electric Sheep? e Ubik. Anche lui entra tra i grandi (almeno in America). Leggi tutto...

6 mar 2007

Intervista a Fanucci e Cofferati

Ecco l'interessante intervista a Fanucci e Cofferati (sì, Sergio...).apparsa su radio24 durante il programma Jefferson Ming. Parlano di PKD e del Paradiso maoista.

Intervista
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2 mar 2007

16 Dicembre 1928 - 2 Marzo 1982


"In questa vita ci mostrano soltanto i trailer"
(a Scanner Darkly)
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1 mar 2007

Next


Il 27 aprile uscirà NEXT, un nuovo film ispirato al racconto The golden Man di PKD. Vedendo il trailer, con Nicolas Cage, sembra molto Mission Impossible... vedremo (in autunno, forse). Leggi tutto...

28 feb 2007

PKD Voices from the street


Un altro inedito di PKD: Voices from the street, probabilmente di poco succesivo a Gather Yourselves Together. Si parla del 1952-53. Pubblicato per la prima volta negli States il mese scorso. Leggi tutto...

23 feb 2007

Il primo romanzo di PKD


E'uscito il primo romanzo di P.K.Dick, scritto all'eta' di 24 anni! Titolo: Il paradiso maoista (Gather Yourselves Together). Inedito in Italia, pubblicato solo negli Stati Uniti, nel 1994.
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19 gen 2007

La Ricerca Della Felicità


Gabriele Muccino sbarca in America con un film in perfetto stile Americano, il cui tema principale è la realizzazione di quel sogno americano che è parte fondante della cultura americana da sempre e che, in passato, ha attratto anche così tanti europei speranzosi di poter realizzare tutte le proprie ambizioni di successo e di diventare finalmente "qualcuno" in quel paese dalle mille opportunità. Il film è tratto dalla storia vera di Chris Gardner, durante la presidenza Reagan, in una San Francisco molto cupa. Infatti gran parte delle riprese sono state realizzate nei quartieri poveri di questa maestosa città, tra l' umile quartiere in cui vive il nostro protagonista, desolate stazioni della metrò, l'angusto quartiere popolato da cinesi in cui il figlio di Chris va a scuola e varie altre locations piuttosto avvilenti e squallide. A dare sfondo a tutto ciò c'è la condizione di una parte dei cittadini americani, coloro che vivono senza una casa, in condizioni di estrema miseria e sofferenza, i "perdenti" coloro che non sono riusciti a sfondare nella società e per questo vivono da falliti anche nella dimensione umana ed esistenziale, tagliati fuori dal mondo perchè ad esso non servono più a nulla e quindi, loro mal grado, devono accettare ed assimilare questa loro condizione di “nullità”.
Anche Chris Gardner si troverà nella stessa situazione insieme al suo amato figlio (che è tra l' altro il vero figlio di Will Smith), ma, a differenza di molti, lui ha qualcosa in più, egli possiede uno spirito di sacrificio incomparabile ed una dedizione smisurata verso i propri sogni e desideri. L'emozione padroneggia in tutto il film e cresce nell' evolversi delle situazioni sempre più frustranti e demoralizzanti, ma che, nonostante tutto, non faranno mai demordere Chris nei suoi intenti. Nonostante la sua disperazione e angustia, di una società fredda e crudele nei suoi confronti e anche in quelli di suo figlio, traspaia in molti momenti e da molti suoi comportamenti ed espressioni. Come nella toccante scena in cui Chris si trova costretto a dormire in un bagno pubblico insieme al proprio figlio cercando di rendere al piccolo quella misera vicissitudine meno traumatica per lui, simulando un gioco di fantasia. Ciò ricorda anche un po’ l’analogo comportamento che assume Benigni nei confronti del figlio ne “La vita è bella”, benchè di certo in un contesto di maggiore drammaticità. L’impatto emotivo presente in questa pregevole pellicola ci arriva direttamente al cuore attraverso la convincente e profonda interpretazione di un Will Smith incredibilmente cresciuto artisticamente, rispetto ai remoti tempi in cui recitava nei panni di uno scialbo "principe di Bel Air". Alla fine, dopo immensi sacrifici fisici e psichici, il nostro protagonista coronerà il suo sogno, quello di diventare un uomo di successo, ma, come suggeriscono le ultime parole narranti fuori campo dello stesso Gardner, il periodo della sua vita che egli chiama felicità sarà molto breve, in quanto, sempre parafrasando le sue parole, la felicità non è una conquista stabile e permanente, essa è un viaggio, appunto una ricerca, la quale non avrà mai fine...

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14 gen 2007

Eraserhead - La Mente Che Cancella


Questo è il primo film del geniale David Lynch. Questo è il preludio alla paranoia surreale che caratterizza lo stile artistico di questo maestro unico nel suo genere. Il film è stato girato in bianco e nero allo scopo di trasmettere caratteristiche tipiche della società post-moderna quali l' inquietudine esistenziale, lo spirito cinico e alienante e quell' atteggiamento di distacco definito "blasè" dal grande sociologo Simmel già a inizio '900. Per questo il grigiore che abbraccia gli ambienti sia interni che esterni è lo stesso che determina la condizione allucinata, straniante e malinconica di Henry, il nostro grottesco protagonista.
Già nei primi fotogrammi del film il mondo in cui si trova Henry è immaginato come un pianeta lunare freddo, vuoto e solitario, proprio come il nostro Henry e come anche forse noi stessi immersi in una realtà egoistica, solipsistica e annichilente. Il senso della "deformità" di questa società è inoltre rappresentato della simbolica e straziante figura del figlio di Henry, il neonato/mostro che con i suoi pianti cadenzati e sincopatici trasmettono allo spettatore una sensazione di angoscia profonda che difficilmente è possibile scrollarsi di dosso, neppure a fine pellicola. Da sottolineare poi lo spaesamento disturbante che si prova nella parte che io considero la più toccante e meglio riuscita del film e cioè quella che vede Henry invitato a cena dalla famiglia della sua ragazza, in cui il turbamento della situazione, alienante e grottesca allo stesso tempo, diventa davvero palpabile. Ma il momento più significativo e didascalico, nel tentativo di descrivere la società nella sua indifferenza disumanizzante unita alla continua ricerca di una speculazione senza etica nè morale, si raggiunge nella scena in cui Henry perde la testa, forse proprio a causa di quella profonda sofferenza e mostruosità interiore rappresentata iconicamente dal neonato deforme che irrompe da dentro di lui, cosicchè la sua testa si stacca dal suo corpo e cadendo in una strada viene raccolta da un bambino e viene portata in una sorta di edificio in cui uno pseudo scienziato ricava dal suo tessuto cerebrale una gomma da inserire sulle matite, dopo aver provato la gomma lo pseudo scienziato soffia via la polvere ottenuta dalla cancellatura che sembra a mio parere simboleggiare la fragilità e l' impermanenza delle nostri menti. Sta in questa scena il motivo, sicuramente anche un pò ironico e grottesco, del titolo "la mente che cancella". La regia è molto attenta ai particolari più deliranti, alle inquadrature che permettono allo spettatore di entrare in un regno dell' assurdo in cui tutto è possibile nel suo aspetto più disturbante. I dialoghi nel film sono ridottissimi, indice di una mancanza di rapporti interpersonali autentici, di chiusura verso l'altro e verso il mondo che ci circonda, un atteggiamento tipico dell' uomo post moderno che conduce sempre più all' imprigionarsi dentro le nostre menti. Solo permettendo alla nostra mente di non barricarsi dietro rigidi stereotipi è possibile "sentire" veramente ciò che questo film vuole dirci e trasmetterci. La figura enigmatica della ragazza con i tumori alle guance che vive dentro il termosifone rappresenta presumibilmente una via che conduce verso la redenzione e verso il paradiso, come è lei stessa a suggerire in quel lungo ritornello della sua canzone. Henry ad un certo punto trova il coraggio di uccidere quel bambino deforme e da quel momento avviene il cambiamento, appunto la redenzione, da quella reazione contro l' incubo/realtà in cui viveva e cui ora pareva essersi liberato. Il film termina con il pianeta lunare che esplode, l' uomo inquietante che sta alle leve di questo mondo onirico e perverso perde il controllo e finalmente Henry trova la felicità tra le braccia della ragazza che vive dentro il termosifone. Apparentemente l' epilogo sembra a lieto fine, la sofferenza è cessata e il mondo angosciante in cui viveva adesso è collassato, ma qual'è però il vero senso del finale? Un nuovo inizio che lascia presagire ad un mondo migliore oppure si tratta di una scelta più drastica per svegliarsi da quell' incubo che è la realtà stessa ed abbracciare così l'aldilà in cui non esiste più quello che Montale definì come "il male di vivere"? Libera interpretazione personale. Sta di fatto però che sono rari i film che si interrogano con così tanta profondità, per quanto ermetica e visionaria, su temi così attuali ma allo stesso tempo così trascurati a causa dell' ignoranza e noncuranza di fondo tipiche dei nostri tempi. Questo è un film unico da apprezzare guardandolo a mente aperta, cercando di cogliere il più possibile quello sguardo critico e clinico su un mondo e una società che tende a deteriorarsi e che inesorabilmente conduce verso il nichilismo, così come profetizzò il maestro F. W. Nietsche. Leggi tutto...

9 gen 2007

Lo conoscevate??


Aiuto! Ma voi conoscevate questo BOB della Microsoft?? E'stato rilasciato nel 1995, come interfaccia semplificata per i nuovi utenti (di nome Bob, penso). In pratica trasformava Windows 3.1. E' stato un completo disastro...Entravi in una specie di salotto dove potevi divertirti a fare di tutto, aiutato dai tanto simpatici assistenti, tra i quali un gattino peloso e e un mappamondo parlante...Fantastico.
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