14 gen 2007

Eraserhead - La Mente Che Cancella


Questo è il primo film del geniale David Lynch. Questo è il preludio alla paranoia surreale che caratterizza lo stile artistico di questo maestro unico nel suo genere. Il film è stato girato in bianco e nero allo scopo di trasmettere caratteristiche tipiche della società post-moderna quali l' inquietudine esistenziale, lo spirito cinico e alienante e quell' atteggiamento di distacco definito "blasè" dal grande sociologo Simmel già a inizio '900. Per questo il grigiore che abbraccia gli ambienti sia interni che esterni è lo stesso che determina la condizione allucinata, straniante e malinconica di Henry, il nostro grottesco protagonista.
Già nei primi fotogrammi del film il mondo in cui si trova Henry è immaginato come un pianeta lunare freddo, vuoto e solitario, proprio come il nostro Henry e come anche forse noi stessi immersi in una realtà egoistica, solipsistica e annichilente. Il senso della "deformità" di questa società è inoltre rappresentato della simbolica e straziante figura del figlio di Henry, il neonato/mostro che con i suoi pianti cadenzati e sincopatici trasmettono allo spettatore una sensazione di angoscia profonda che difficilmente è possibile scrollarsi di dosso, neppure a fine pellicola. Da sottolineare poi lo spaesamento disturbante che si prova nella parte che io considero la più toccante e meglio riuscita del film e cioè quella che vede Henry invitato a cena dalla famiglia della sua ragazza, in cui il turbamento della situazione, alienante e grottesca allo stesso tempo, diventa davvero palpabile. Ma il momento più significativo e didascalico, nel tentativo di descrivere la società nella sua indifferenza disumanizzante unita alla continua ricerca di una speculazione senza etica nè morale, si raggiunge nella scena in cui Henry perde la testa, forse proprio a causa di quella profonda sofferenza e mostruosità interiore rappresentata iconicamente dal neonato deforme che irrompe da dentro di lui, cosicchè la sua testa si stacca dal suo corpo e cadendo in una strada viene raccolta da un bambino e viene portata in una sorta di edificio in cui uno pseudo scienziato ricava dal suo tessuto cerebrale una gomma da inserire sulle matite, dopo aver provato la gomma lo pseudo scienziato soffia via la polvere ottenuta dalla cancellatura che sembra a mio parere simboleggiare la fragilità e l' impermanenza delle nostri menti. Sta in questa scena il motivo, sicuramente anche un pò ironico e grottesco, del titolo "la mente che cancella". La regia è molto attenta ai particolari più deliranti, alle inquadrature che permettono allo spettatore di entrare in un regno dell' assurdo in cui tutto è possibile nel suo aspetto più disturbante. I dialoghi nel film sono ridottissimi, indice di una mancanza di rapporti interpersonali autentici, di chiusura verso l'altro e verso il mondo che ci circonda, un atteggiamento tipico dell' uomo post moderno che conduce sempre più all' imprigionarsi dentro le nostre menti. Solo permettendo alla nostra mente di non barricarsi dietro rigidi stereotipi è possibile "sentire" veramente ciò che questo film vuole dirci e trasmetterci. La figura enigmatica della ragazza con i tumori alle guance che vive dentro il termosifone rappresenta presumibilmente una via che conduce verso la redenzione e verso il paradiso, come è lei stessa a suggerire in quel lungo ritornello della sua canzone. Henry ad un certo punto trova il coraggio di uccidere quel bambino deforme e da quel momento avviene il cambiamento, appunto la redenzione, da quella reazione contro l' incubo/realtà in cui viveva e cui ora pareva essersi liberato. Il film termina con il pianeta lunare che esplode, l' uomo inquietante che sta alle leve di questo mondo onirico e perverso perde il controllo e finalmente Henry trova la felicità tra le braccia della ragazza che vive dentro il termosifone. Apparentemente l' epilogo sembra a lieto fine, la sofferenza è cessata e il mondo angosciante in cui viveva adesso è collassato, ma qual'è però il vero senso del finale? Un nuovo inizio che lascia presagire ad un mondo migliore oppure si tratta di una scelta più drastica per svegliarsi da quell' incubo che è la realtà stessa ed abbracciare così l'aldilà in cui non esiste più quello che Montale definì come "il male di vivere"? Libera interpretazione personale. Sta di fatto però che sono rari i film che si interrogano con così tanta profondità, per quanto ermetica e visionaria, su temi così attuali ma allo stesso tempo così trascurati a causa dell' ignoranza e noncuranza di fondo tipiche dei nostri tempi. Questo è un film unico da apprezzare guardandolo a mente aperta, cercando di cogliere il più possibile quello sguardo critico e clinico su un mondo e una società che tende a deteriorarsi e che inesorabilmente conduce verso il nichilismo, così come profetizzò il maestro F. W. Nietsche.

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