Un altro film si profila sulla scia del revenge-movie, dopo i molti film sull' argomento quali per esempio "Il giustiziere della notte", "Interceptor", "Un borghese piccolo piccolo", "Kill Bill", ecc. Le opere qui citate sono sicuramente dei cult che dominano dalle alte vette incontrastati, ma, nonostante ciò, "Il buio nell'anima" (a parer mio) quanto meno riesce a sfiorare le proporzioni dei grandi classici del genere; merito forse in gran parte del magistrale regista irlandese Neil Jordan, ricordato da me personalmente per quell' intramontabile capolavoro che fu "Intervista col vampiro", ma famoso anche per altre pellicole quali "La moglie del soldato", "In Dreams" e il recentissimo "Breakfast on pluto". Ma concentriamoci al film. Nonostante l'impressione iniziale di inevitabile deja-vù, con cui si disvelano le premesse del film, è possibile avvertire qualcos' altro, qualcosa di più, di più profondo, di più introspettivo, amalgamato da una sceneggiatura che già dalle prime battute dimostra una sua originale nota poetica, un suo proprio disancoramento dai canoni tipici del genere e, non di meno, esprime spiccati tratti psicoanalitici, di certo ben noti a Jordan, i quali spesso in passato hanno rappresentato il nerbo dei suoi migliori film. La scelta di Jodie Foster si è rivelata senza dubbio felice. Il ruolo della protagonista era stato precedentemente scelto per Nicole Kidman, la quale però ha declinato l'offerta perchè, a suo parere, le era sembrata una parte troppo mascolina e di cui lei non si sentiva adatta. Già riconosciuta grande attrice del thriller ne "Il silenzio degli innocenti" e nel più modesto "Panic room" la Foster dimostra tutta le sue capacità artistiche in un ruolo non certo facile in cui si assiste ad una radicale metamorfosi caratteriale post-trauma, da ragazza semplice e vivace, piena di speranze per l' avvenire, a persona completamente svuotata di ogni significato, di ogni valore e da ogni attaccamento. Una figura fredda, impaurita dalla realtà e abbandonata in un mondo senza certezza e senza giustizia... Ed è proprio questo fattore che farà scattare qualcosa nella psiche di Erica Bain (nome della protagonista), quel bisogno di colmare il vuoto interiore di cui lei stessa parla e che nel corso del film sfocierà in una spirale di odio, rancore e soprattutto vendetta. La regia e la fotografia evocano lo stato emotivo di Erica, in un clima di isolamento e degrado in cui essa vive, in cui essa ne registra i rumori e ne respira l'aria sporca e soffocante, vagando straniata in una New York ostile e spaventosa, una buia metropoli di cui si è perso il controllo, come una macchina impazzita senza guidatore. C' è però da cogliere un paio di difetti veniali, che non influiscono troppo negativamente sulla qualità dell' opera, ma che vanno tuttavia analizzati. Il primo sta nella prevedibilità (forse necessaria ma piuttosto piatta) con cui le accade di trovarsi (proprio in seguito all' acquisto della pistola) in una situazione limite, tra la vita e la morte, all' interno di un mini market. In seguito proprio da questo evento infausto e da questa esperienza, comincerà la sua strada per la vendetta, l'identificazione con quell' estranea gelida figura che crescerà dentro di lei omicicio dopo omicidio, azione punitiva dopo l'altra. La seconda pecca sta sempre in un accadere dei fatti un pò forzato e prevedibile, in cui lo spirito vendicativo di Erica troverà la sua definitiva liberazione e il suo totale appagamento, ovvero la parte in cui trova il covo dei delinquenti che avevano ucciso il suo ragazzo e massacrato lei. Ciò che mi è parso più forzato è stata l'improbabile contingenza in cui tutti e 3 i teppisti si trovano nello stesso edificio nello stesso momento, benchè in zone diverse, e nella maniera in cui Erica, guidata dal suo fedele amico a 4 zampe, viene condotta da uno all' altro. E infine proprio quando, ahimè, ha la peggio con l'ultimo di questi ecco che (un classico) sbuca il poliziotto che risolve l'angusta situazione, che altrimenti avrebbe visto la fine prematura della nostra eroina. Se questa fase del film mi è risultata poco lodevole non è stato così invece per l'epilogo vero e proprio. Il finale non è infatti per nulla scontato, infatti quell' atteggiamento del detective, che nel corso degli eventi era apparso forse troppo fariseo e legalista a tutti i costi, si manifesta invece in conclusione conflittuale, e alla fine, da tale conflitto, ne esce vittorioso il sentimento e la comprensione. Cioè l'empatia per quella docile ragazza trasformata in un vigilante assetato di vendetta e afflitta dal rancore, a causa in parte anche di una giustizia assente e distante, resa tale spesso da una burocrazia costrittiva e illiberale ed una politica corrotta; una giustizia che, forse troppo spesso, dimostra la sua impotenza di fronte agli indifesi cittadini di una grande e popolosa città come New York. Un film che, nonostante qualche artificiosità di troppo, si rivela capace di trasmettere emozioni fortissime, di suscitare allo spettatore la sofferenza di Erica Bain, la sua tragica esperienza, la sensazione di angoscia da lei provata ed esorcizzata per mezzo della vendetta. Un' opera capace di rappresentare quel buio nell'anima che vive anche quando si è già morti dentro, che si nutre del dolore, che trasfigura il nostro Io, almeno quell'Io che supponiamo di essere... "Ci sono molti modi per morire, ma uno solo per vivere, ed è quello più difficile".
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